Manuela e Jacopo sono l’anima di Baita Dovich: Manuela si occupa dell’accoglienza, mentre Jacopo studia e crea i piatti che escono dalla cucina. Ci siamo fatti raccontare il loro mondo, la loro esperienza e cosa sognano per Baita Dovich: scoprirete attraverso le loro parole che a Malga Ciapela c’è un luogo caldo e accogliente, che tutti chiamano casa.
Come è nata Baita Dovich? E com’è nata la vostra passione per l’ospitalità?
Manuela – Baita Dovich nasce da un’idea di mio nonno che nel 1965 ha deciso di creare un punto di ritrovo dove cucinava polenta, pastin, formaggio in fetta e salame. Si può dire che è stato un pioniere nella nostra zona: quando ha iniziato questa attività non c’era l’elettricità, è stata portata solo agli inizi degli anni ‘70. Di conseguenza, i piatti che poteva proporre, nel periodo che va dalla primavera all’autunno, erano solo questi. Solo in un secondo momento, quando hanno aperto gli impianti di risalita, ha iniziato a tenere aperto da febbraio ai primi di novembre.Baita Dovich è stata gestita da mia zia finché io e mia sorella, con l’appoggio di nostro papà, abbiamo deciso di prendere in mano la baita e di ricostruirla totalmente, includendo anche le camere.
Con passare del tempo questo lavoro mi è piaciuto sempre di più e adesso non vorrei fare altro.
Jacopo, prima di fare lo chef di cosa ti occupavi?
Jacopo – Non sono nato cuoco, perché non ho fatto studi alberghieri e ho seguito così anche altre passioni (sono un perito industriale), ma ho sempre lavorato nelle cucine sia d’estate che d’inverno:
tutto è iniziato perché un albergo vicino a Rocca Pietore cercava un lavapiatti per la stagione estiva, sono così entrato in cucina senza sapere bene cosa mi sarebbe aspettato e non ho più saltato neanche una stagione. Poi piano piano sono cresciuto e nel 2003 sono diventato chef.
Manuela, tu cosa facevi prima?
Da quando ho vent’anni sono sempre stata a Baita Dovich: prima ero in cucina, poi ho iniziato a gestire le prenotazioni e l’accoglienza.
Perchè il nome Baita Dovich?
Perché è il nome della località dove siamo: sulle carte militari, infatti, si chiama Dovìch. Poi con il tempo il nome è stato italianizzato ed è diventato Dòvich.
Se doveste descrivere Baita Dovich con 3 parole quali sarebbero e perché?
Sicuramente la definiremmo casa, perché spesso i nostri ospiti ci dicono che sembra di essere a casa, perché è piccola, accogliente e trasmette calore. E’ poi buon cibo, tradizione, ma anche una sfida: non è semplice vivere qui tutto l’anno.
Come definireste la vostra cucina?
Jacopo – È una cucina che prova a offrire qualcosa di diverso rispetto a quello che c’è in zona. E’ sicuramente una cucina classica un pò rivisitata, che si basa sugli ingredienti del territorio: in menù non mancano mai la polenta e il pastin, ma proponiamo ad esempio anche il pesce, che è difficile trovare in zona. Mi piace molto usare la tecnologia applicata agli ingredienti locali.
Qual è il piatto forte di Baita Dovich che consigliereste?
Il piatto forte che consigliamo è la tartare di manzo, simbolo della nostra cucina e apprezzata da tutte le persone che si fermano a mangiare nel nostro ristorante: più del 50% dei nostri clienti infatti ordina questo piatto.
Ci sono poi le paste con pastin e i porcini oppure con pastin e gamberi: sembra un abbinamento particolare, ma è un piatto che rappresenta perfettamente la tecnologia applicata di cui parlavamo prima, perché il gambero viene cotto in un sacchetto sottovuoto per non far perdere il suo sapore.
Jacopo – Proprio perché non ho fatto studi alberghieri, ho studiato molto leggendo libri specialistici, comprando apparecchiature di un certo tipo e frequentando corsi con cuochi professionisti che mi hanno dato consigli preziosi. Ho poi iniziato sperimentando a casa e mi sono autoformato a Baita Dovich: nel 2000-2001 ero secondo cuoco, dal 2003 invece sono chef. Il consiglio migliore che mi hanno dato? “Quello che non mangeresti tu, non lo dare ai tuoi clienti”.
Qual è il piatto che vi piacerebbe inserire nel vostro menù?
Quest’inverno ci piacerebbe inserire la scaloppa di foie gras però proponendola insieme a un nostro piatto della tradizione, oppure il tartufo sempre come aggiunta a un piatto che già proponiamo. E’ un pò difficile proporre certi tipi di piatti nella nostra zona perché chi viene nel nostro ristorante si aspetta di trovare i classici piatti come funghi, pastin, cervo…